domenica 29 maggio 2016

The Ultimate Warrior

Ho visto ieri, con colpevole ritardo, "The Wrestler" di Darren Aronofski. Presentato a Venezia 8 anni fa si aggiudicò l'ambito Leone d'oro e rilanciò la carriera di Mickey Rourke (almeno per qualche tempo).

Alcuni mi avevano additato il film come un capolavoro. Mi sembra una definizione esagerata.
E' un buon film, ben costruito, ben interpretato e tutto centrato sulla figura dolente e perdente di un vecchio lottatore.

Sarebbe stato uno dei "tanti" film sulla lotta, se non avesse scelto il Wrestling come setting.
Per quelli della mia generazione, nati in Italia, il Wrestling era un appuntamento costante sui canali Fininvest attorno all'ora di pranzo.
Vedevamo esaltandoci dei giganti pieni di muscoli e mascherati come a Carnevale darsele di santa ragione sul ring.
All'epoca sembrava tutto vero con botte da orbi.

Diverso tempo dopo, invece, la favola di Babbo Natale finì. E scoprimmo che tutti quegli incontri erano in realtà delle storie, e quei lottatori degli attori in carne (tanta) e ossa. Puro e magnifico "Showbiz".
Questa rivelazione ha un po' macchiato la nostra memoria, ma ancora oggi - guardando i filmati d'annata su youtube - si vede quanto lavoro di qualità ci fosse dietro.
Ciò che non sapevamo, soprattutto noi pubblico del Vecchio Continente, era la parte malata di quel mondo. L'uso di steroidi, ormoni della crescita, antidolorifici, iniettati in quantità industriale nei corpi sempre più ammaccati e stravolti. La depressione che coglie gli attori dello spettacolo quando l'onore e la gloria si allontanano dalla ribalta.
Molte di quelle vite sono finite anzitempo proprio a causa del doping, o in situazioni tragiche.

Eppure gli applausi di "Ram The Jam" prima di un ridicolo combattimento "reboot" fanno capire che quei personaggi non erano solo maschere. Ironia della sorte, il lottatore a cui si ispira "Ram", ossia "Ultimate Warrior", morirà pochi anni dopo il film d'infarto. Il giorno successivo ad un ultimo discorso sul ring.
E allora quella scena finale, di cui non sappiamo l'esito (sicuramente il dolore, e gli applausi), assomiglia alla discesa dalle scale di Gloria Swanson in "Viale del Tramonto" prima di essere arrestata.

Come disse il grande Beckett: Fail again, fail better.



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