sabato 19 febbraio 2022

Tutto cangia il ciel s'abbella

Magari.

La vita è davvero un piccolo inferno, per qualcuno di più per qualcuno di meno. Più passano gli anni, e ormai siamo giunti a 40, più mi pare tutto caotico e senza senso. Siamo esseri viventi fatti di cuore, cervello e indigestioni. E l'indigestione è quella che spesso ti cambia la vita. 

E soprattutto siamo soli. In questo lungo viaggio che è l'esistenza dalla nascita alla morte siamo soli. Troviamo certo dei compagni di viaggio. Ma non sono compagni del nostro viaggio. 

Ognuno vive il proprio. Anche marito e moglie. Anche padre e figlio. Capita di pensare che quel tratto di strada percorso assieme sia lo stesso. Ma non è così. 

Ogni struttura sociale che abbiamo creato (la coppia, la famiglia, la tribù, la città) ci ha annebbiato la visuale, confondendola. Ma una volta cancellata la nebbia ecco apparirci uno specchio. E in quello specchio ci siamo soltanto noi. Da soli. 

E forse quello che ci dovrebbe capitare nel corso della vita è dare senso assoluto a questo viaggio, spostandoci di continuo. Se devo pensare al comunismo, questa è l'unica immagine reale concreta e degna che mi viene alla mente: uomini sapiens che girano, incontrano altri sapiens, li conoscono senza giudicarli, ed esplorano, senza fermarsi mai troppo in un luogo, perché la vita resta comunque breve per sostare a lungo in un'unica zona della Terra-Patria.

 

domenica 5 dicembre 2021

Boia Dé

E mi ricordo infatti

un pomeriggio triste

io e il mio amico "Culo di Gomma" famoso meccanico

sul ciglio di una strada

a contemplare l'America

diminuzione dei cavalli/aumento dell'ottimismo

mi presentarono i miei 50 anni 

e un contratto col circo "Pace & Bene" a girare l'Europa

e firmai col mio nome firmai

e il mio nome era


lunedì 2 marzo 2020

Un mondo virtuoso per questo virtuale

20 anni fa, mese più mese meno, conobbi la prima persona "virtuale" della mia esistenza. Ci "trovavamo" nella chat di yahoo, e si stava parlando della filosofia di Emanuele Severino (morto poche settimane fa, peraltro. Un gigante). Ricordo ancora oggi il nickname: "uncolpodidadi".

Avevamo il modem 56k e soprattutto un piano tariffario molto salato. Ritrovarsi in chat era una scelta ben precisa, perché avrebbe fatto lievitare il costo della bolletta telefonica. Per me era come separarmi dalla realtà quotidiana ed entrare in un altro mondo. Un mondo in cui aldilà dell'identità nascosta si accedeva con precisi rituali, perlopiù la sera tardi.
La realtà virtuale, composta all'epoca da siti ben poco interattivi, era una sorta di second life.

Ieri sera, rivedendo per la terza volta "Avatar" di James Cameron (lo adoro, è uno dei pochi film in cui vincono gli Indiani), mi è ritornato alla memoria quel mondo di tanti anni fa.
Ekerot doveva posizionarsi davanti alla scrivania dello studio, l'unica con il pc, aspettare che i fratelli e il padre non dovessero traccheggiarci al computer, sperare che non vi fossero telefonate in atto e accedere ad internet. Per pochi minuti ogni giorno.

E, nonostante avessi un rapporto piuttosto sereno con il mondo 1.0, entrare in rete era un momento speciale. Io e uncolpodidadi finimmo poi per incontrarci, ma la storia di come virtuale e reale si toccarono è già stata narrata nel precedente blog (quello su splinder... ve lo ricordate splinder?).

Oggi la rete è un luogo completamente diverso.
Siamo invasi da persone che già conosciamo nella realtà, amici, parenti, colleghi, concittadini, genitori di alunni compagni dei nostri figli, etc...
Immediatamente e costantemente il mondo 2.0 (su cui passiamo moltissimo del nostro tempo) si interfaccia con il mondo 1.0, di cui ha preso tutte le brutture e le storture. La rete è diventata il luogo dove si spiega, si analizza, si deforma, si commenta, si acquista, la quotidianità. La "notifica" ci perseguita, invadendo tutti gli spazi e tutti i tempi dell'intimità. Non solo ma l'esplorazione massima è dovuta alla riproduzione "casuale" di youtube: siamo a dirla tutta continuamente nutriti di echi del nostro narcisismo.

Non c'è più alcuna meraviglia nell'esplorare il web.
I cosiddetti social networks hanno sicuramente aiutato, aldilà della questione politica/economica, a devastare questa grande occasione. Sprecata? Non è giusto né possibile dirlo, data la quantità enorme di grandi opportunità che sono state lanciate.

Epperò noi internauti della prima ora abbiamo visto in essere una via che poi è stata abbandonata. Alcuni dei fondatori del www hanno detto di essersi pentiti, vista la deriva.
La rete è stata disinnescata dalla sua carica anarchica e antisistema. Peccato.

mercoledì 13 novembre 2019

Il tempo passa

E la pigrizia resta...

Secondo me è colpa della rete, sulla quale passo troppo tempo. Ma senza lasciare niente di costruttivo. Solo frammenti. Epperò, mica sono Saffo!

Frammenti che messi gli uni sugli altri non ricostruiscono una vita, la mia, o una parte della mia vita. Questi frammenti, quando ricomposti, lasciano sul tavolo un'immagine che non vuol dire quasi nulla. O meglio, vuol dire poco, e soltanto a me stesso.
Non mi basta.

giovedì 1 agosto 2019

#4

Un po' di aggiornamenti (non che abbia letto così tanto, ahimé).
Questo è uno spy-story, in pieno stile Le Carré.
C'è una ragazza molto di sinistra che fa l'attrice e che viene cooptata dai servizi segreti israeliani per braccare un terrorista palestinese.
Diciamo che non è invecchiato benissimo. Dalla sua c'è che non riporta in maniera manichea buoni e cattivi, tutt'altro. Forse un po' lento. L'ho letto dopo aver visto una bella miniserie "The Night Manager" tratta da un romanzo del nostro.


lunedì 25 febbraio 2019

#3

Erano milioni di anni che non leggevo un libro di poesie "integralmente".
La poesia mi ha sempre un po' infastidito racchiusa nelle antologie. La preferisco nella sua versione quantistica in giro per il web, o citata da altri.

Questo piccolo canzoniere di Mari ha senz'altro il merito di rinverdire il genere della poesia trobadorica, infarcendolo di "postmoderno". Comicità, citazioni filmiche, iperboli. Sicuramente Mari non riprende lo stile di Petrarca. Forse avrei dato una maggiore organicità, inserendo delle fasi più precise di questa love story con Lady Hawke. Su cento poesie di "felici" ce ne saranno tre. Vabbè la sfiga, ma l'arte deve migliorare la vita, n'est pas?


sabato 23 febbraio 2019

#2

E' la prima opera romanzesca di Tiziano Sclavi che abbia letto. Me l'ha passata la mia compagna, dicendomi che mi sarei fatto delle grandi risate.

In effetti è un libro straordinario, pieno di umanità e di idee interessanti. Si capisce ad esempio perché molti anni dopo Sclavi abbia scritto un albo di Dylan Dog completamente dedicato all'alcolismo.
La storia verte su alcuni personaggi, tutti redattori di una fantomatica casa editrice milanese di fumetti (chiaramente la Bonelli). Tra idiosincrasie, problemi con le donne, problemi con i soldi, e problemi con l'alcool, questa amena brigata cerca di tirare avanti facendosi forza l'uno con l'altro.

Se avete dubbi su chi sia il padre delle battute di Groucho, beh qua dentro ne troverete delle belle.
Consigliatissimo.


[la foto è dal blog www.marcozangari.it]


#1

Il primo libro di quest'anno è stata questa bellissima intervista fatta da un giornalista francese a Sergio Leone qualche tempo prima che inopinatamente ci lasciasse per sempre ad appena 60 anni.

Di diverse cose trascritte nel libro abbiamo solamente la sua versione e, come dire, manca il contraddittorio. Ma sul suo racconto autobiografico quand'anche avesse esagerato ce ne importa il giusto.

Emergono degli aspetti della carriera di Leone abbastanza sorprendenti - ad esempio la lunghissima gavetta e il legame con grandi registi hollywoodiani - ed è particolarmente bella la parte in cui fa l'aiuto regista per mezza Italia.

Leone è, assieme a Truffaut, il regista più importante della mia vita. Il regista che più di altri mi ha influenzato negli anni "giusti". Kubrick e Bergman non gli furono certo inferiori, ma Leone ebbe questo gusto per l'epica e per il mito "omerico" che hanno trovato terreno fertilissimo durante la mia adolescenza.

venerdì 4 gennaio 2019

Pedagogia

Difficilmente in una classe di 20-25 alunni mancherà un essere affine al docente. Certo, quando sono bambini di 6-11 anni, è più un'intuizione, una proiezione, che da insegnante immagini o disegni sul futuro del tuo allievo.
Però è un sentire forte, e la separazione forzata è quasi un lutto.
Per come è congegnato il sistema scolastico, il tuo percorso si interrompe e lasci lo studente in altre mani. Nel 99% dei casi, ciò è bene. Perché altrimenti la figura del docente soprattutto in età "fragile" come la preadolescenza e poi l'adolescenza diventerebbe ingombrante.
Ma raramente, in quell'unico punto percentuale, questo distacco arriva nel momento sbagliato.

E' successo a me, qualche tempo fa.
Un alunno che ho avuto per appena 2 anni. Sufficienti però perché si creasse un rapporto molto forte, stimolante per entrambi. L'idea di "perderlo" sul più bello mi è parsa inaccettabile.
Avevo ancora tantissimo da poter dare a quest'allievo (e non tanto in termini di nozioni).
Alla fine dell'ultimo anno ne parlo un po' con lui, poi con i genitori. Il piano è: quando il bimbo avrà voglia, verrà da me, e lavoreremo per vie poco seguite nella scuola tradizionale. Gratis, ovviamente.

La famiglia felicissima. Un onore. Grazie, grazie. Troppo gentile.

Non ho più rivisto il mio studente.

Ho scoperto poi, in questi giorni, che i genitori avevano avuto paura per il figlio.
Paura delle indiscrezioni (andare a casa dell'ex maestro)? Paura delle mie intenzioni sul bimbo? Paura di me?

Un'occasione sprecata, alla fine dei conti. E non penso di essere stato io a rimetterci.

Fa riflettere, comunque. I pregiudizi sono sempre potenti, ed è difficile combatterli senza strumenti adeguati.
E il mondo della scuola, docenti compresi, è ipersensibile ai pregiudizi.
Un docente che dichiarasse la propria omosessualità sarebbe condannato ad una vita di estrema infelicità. A scuola, per la maggior parte delle volte, la violenza esplode senza spargimento di sangue. Come nel romanzo di Edith Wharton. Ma quanto fa male, quanto fa male!

Quella che poteva diventare un'occasione speciale, unica, di apprendimento è stata gettata alle ortiche perché a dispetto della stima e della fiducia espressemi per due anni, sarei potuto essere un docente perverso se non pervertito.




mercoledì 26 dicembre 2018

Romanzi di una vita

Qualche giorno fa un mio caro amico mi ha chiesto due titoli da acquistare a Natale.
E' stata l'occasione per ripensare ai "best ever".
Come tutti sappiamo le classifiche sono inutili, sono volubili, sono sempre temporanee. E, ovviamente, opinabilissime.
Però hanno un fattore positivo: ti fanno ripensare all'impatto di certe esperienze sulla tua vita, e magari danno occasione a chi le ascolta di aprire il proprio orizzonte.

Quest'anno, per esempio, ho riletto "I miserabili" di Victor Hugo. Era stata forse LA lettura dei miei anni adolescenziali. Mi commosse, mi rivoltò, mi diede da pensare per settimane. Non avrei mai pensato che potesse essere scritto così male. Andrebbe rieditato in una versione più corta di 2-300 pagine e adeguatamente ripulita di tutte le insopportabili intromissioni dell'autore.
Certo il finale, è sempre un capolavoro.

Bisogna anche considerare che quando si è giovani abbiamo maggiore sensibilità. Un romanzo che riesce a devastarci a 35 anni ha davvero tanta forza.

Anyway (una sorta di Top Ten).

Fiori per Algernon di Daniel Keyes
Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas
Il Silmarillion di J.R.R. Tolkien
L'età dell'innocenza di Edith Wharton
Anni senza fine di Clifford Simak
IT di Stephen King
Le due inglesi e il continente di Henry-Pierre Roché
Norwegian Wood di Murakami Haruki
Ubik di Philip K. Dick
Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar
Cent'anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez


Se dovessi indicarne 3 che dicono tanto di me e per questo nella lettura mi hanno davvero segnato, escludendo quindi titoli di universale bellezza, sceglierei:
Fiori per Algernon, Norwegian Wood, L'età dell'innocenza.